Re_Iter Filippo de Pisis

Il pittore e scrittore italiano Filippo de Pisis (1896-1956) ha avuto un rapporto appassionato con Venezia, dove amava ‘moltissimo camminare’.1

La visitò numerose volte e fu qui che acquistò la sua prima e unica casa. Il suo amore per Venezia è descritto in una serie di brevi testi che scrisse tra il 1915 e il 1948, pubblicati in Ore Veneziane nel 1974 e illustrati con i suoi disegni.

Re_iter ha ricostruito un itinerario attraverso i luoghi che de Pisis ha amato, descritto poeticamente, dipinto, e che Venezia ha preservato quasi intatti. Questo itinerario è disponibile qui per coloro che desiderano cercare i sentimenti e le emozioni che il pittore ha provato.

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Introduzione

L’artista italiano Filippo de Pisis nacque a Ferrara nel 1896 come Luigi Filippo Tibertelli. Scrittore e poeta, divenne soprattutto famoso come pittore dall’inizio degli anni venti del ventesimo secolo, dopo che si unì al Movimento della Metafisica fondato dai fratelli De Chirico.

Nel 1925 si trasferì a Parigi per condurre una vita più libera come pittore, dandy e omosessuale. Insieme ai fratelli De Chirico partecipò attivamente alla scena artistica parigina degli anni venti e trenta, frequentando Picasso, Braque, Matisse e Cocteau. Nello stesso tempo, de Pisis definì il proprio stile pittorico, dedicandosi a vedute urbane, ritratti e nature morte.

Quando allo scoppio della seconda guerra mondiale ritornò a Milano, la sua fama in Europa era già notevole. La sua vita veneziana iniziò nel 1943, quando lasciò Milano subito dopo che pesanti bombardamenti anglo-americani ad agosto colpirono la città, danneggiando anche il suo studio. All’inizio de Pisis affittò un appartamentino al 3435 di Piscina San Samuele e poi uno studio non lontano dalla Chiesa dei Carmini, a San Barnaba 3074.2

All’inizio del 1944 acquistò la sua prima e unica casa, un piccolo palazzo a San Sebastiano 1709 – vicino alle chiese di San Sebastiano e dell’Angelo Raffaele –, ma non potè trasferirvisi che nel 1945, quando gli inquilini lo lasciarono libero. Sul portone di ingresso dipinse lo stemma di famiglia e sull’architrave c’era il verso del Libro dei Salmi ‘Laudate Pueri Dominum’. Comprò anche una bellissima gondola e assunse un cameriere-gondoliere perché: ‘per poter vedere, per poter capire, per poter vivere questa flotta di pietra ancorata alla fonda del sogno occorre contemplarla soprattutto dall’acqua. Le prospettive esatte di Venezia sono a fuoco solamente sui rii’.3

Ma de Pisis potè godersi la sua casa veneziana solo fino al 1949, quando i disturbi nervosi di cui soffriva lo costrinsero a trasferirsi a Villa Fiorita, a Brugherio, la clinica per malattie psichiatriche dove morì nel 1956.

Pittore, scrittore e poeta di talento, de Pisis ha lasciato numerosi dipinti, molti dei quali sono al Museo Filippo de Pisis a Ferrara e alla Pinacoteca Civica di Forlì. Ha anche lasciato un considerevole corpus di scritti e poesie che includono La città dalle cento meraviglie, Le memorie del marchesino pittore, Ver-Vert, e Poesie.

Venezia, o la consolazione della pietra

Leggi più misteriose ancora, penso siano quelle per le quali a Venezia l’architettura regna sulle vicende umane, ed è di dolce conforto. Patetiche curve di ponti, ciglia gravi di finestre marmoree, riso di colonne e di angiporti. L’armonia delle pietre, dalle linee austere dei palazzi classici alle dolci e frementi dell'ogiva, pare aver rispondenza in armonie diffuse nell’aria.4

Itinerario

1. San Sebastiano 1709

Nell’anticamera attendono impassibili e dignitosi tre personaggi in costume accademico nero, ricamato d’argento, gamba corta, calze di seta nera, scarpette con fibbia. […] Destan ricordi di pagine classiche, viaggi in diligenza, Stendhal in Italia, feste per l’ingresso a Milano del primo Console. Un sicario seminudo in una bella tela del Cavallino scaglia sassi contro una specie di sacerdote riverso che à in capo una specie di mitria lunata; lo stesso personaggio appare in alto di una scala, in un bozzettone per una pala “La presentazione al tempio” del Cignaroli. Un raro fiore, un aurum tigrato ripiega la corolla impudica dentro un piccolo mortaio di bronzo verde.

Nel dolce misterioso orto e giardino, protetto dal grande fico annoso (le sue foglie, quindici giorni fa manine verdi, si son già stese e si ripiegano molli come carte bagnate), c’è la scalina del paradiso. Una scaletta di legno stagionato e iscurito dalle piogge nella quale ò posto i vasi della inula libica. I bei fiori di un giallo arancio intenso con alla base dei petali dagli occhi neri e bianchi come quelli di certe farfalle, si librano sugli steli nervosi, si ripiegano, attendono il bacio delle api o di una cavolaia nomade e si richiudono pudichi la sera.

[Nel salone di 19 metri quadri al primo piano c’erano una gabbia del settecento per il pappagallo, Cocò, una grande zucca di vetro di Murano, un’armatura da samurai giapponese, e molti dipinti: Bazzani, Strozzi, Guercino, Grecaccio, Bernardino Zenale, Utamaro, Mancini, Spadini, e il Manet che de Pisis aveva acquistato a Parigi.]5

Di bestie vive non c’è che il santo Cocò (detto anche Sorapis perché monta sempre sul punto più alto e “stellina di mare”, “merlo verde”, “vieille branche de lilla” etc. etc., vere litanie interminabili) e certe piccole formiche che escon misteriosamente dalle fessure dei muri, e un taciturno centogambe che compare in certe notti sul muro bianco del corridoio.6
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2. Chiese dell’Angelo Raffaele e San Sebastiano

A due passi [dalla casa di de Pisis] c’è la chiesa dell’Angelo Raffaele celebre per i suoi portentosi Guardi (sportello d’organo “matrimonio di Tobiuzzo”) e l’altra di S. Sebastiano con gustosi Veronese!7

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3. Campo dell’Angelo Raffaele

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4. San Barnaba 3074

[Lo studio di de Pisis era una grande stanza al primo piano, accessibile da una scala di legno e con finestre che davano su un piccolo giardino retrostante. ‘Nel mio studio di San Barnaba faccio venire tutta Venezia’, scrisse nel settembre 1943.8

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5. San Pantalon

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6. Campo Sant’Agnese

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7. Santa Maria della Salute

Bianca e tremenda chiesa. Non sono mai entrato dalla tua porta, ma la tua immagine attira il mio spirito.

La tua cupola, le spirali come d’immense chiocciole favolose dei tuoi contrafforti e le statue barocche che guardano il cielo. Le gondole nere ti passan davanti più leggere, i gondolieri si muovon con grazia. La tua mole spicca sul cielo grigio o azzurro, o color della perla e delle viole con nitidi contorni e dietro sembra si celino orizzonti infiniti

Una sera incerta, tutto mi sembrò deserto attorno a te, nello spiazzo a sinistra vidi un portone e sopra l’arco delle tabelle ovali dipinte con stemmi cardinalizi

Vecchia Salute, ti penso nelle pitture di cento anni fa, gialle d’ocre tutte ben finite, ma qual pittore saprà rubarti e fissare sulla tela il tuo dolce mistero?

Volano grigi gabbiani attorno alla tua cupola lieta in certe mattine di sole, ma in giornate grigie tu sei triste e livida come un teschio sghignazzante o vecchia Salute. 9

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8. Piscina San Samuele 3435

[De Pisis visse in un appartamento in affitto in questa casa tra settembre 1943 e il 1945, quando si trasferì nel suo piccolo palazzo di Dorsoduro. Era molto orgoglioso di questo appartamento a San Samuele perché era accanto a quello dove aveva abitato il famoso pittore Paolo Veronese.]10]

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9. Chiesa di San Moise

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10. Piazza San Marco

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11. Caffè Florian

In quel tramonto incerto ero seduto ad uno dei tavolini del caffè Florian fuori del portico con il mio amico. Il cameriere portò il vassoio. Mi piacque la nube dorata che le gocce di latte fecero nella tazza di the.

Sulla maiolica di buona fabbrica era uno stemmino bleu dorato col leone di S. Marco. Il mio amico avrebbe voluto scuotermi dal mio silenzio, ma una dolce melanconia gravava su di me. Oh questa piazza, dove i marmi sembrano davvero intrisi di armonia! […]

Sotto i portici la folla si accalcava inebbriata come dalla luce accecante delle vetrine. Vidi un pipistrello volare contro il cielo perlato e poi una stellina d’argento alta nelle Procuratie.11

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12. Hotel Danieli

E poi camminai lungo la laguna fino al caffè di D’Annunzio. […] Il Danieli con la sua facciata rossastra e i caratteri rilevati mi fa pensare ai vecchi tempi che paiono più felici. Dalle finestre basse aperte al sole vidi un gran lampadario di vetro, un cameriere bianco e nero; sulla porta una figura di signora dall’aspetto étranger. Aveva forse il Baedeker rilegato di rosso in mano e una macchinetta fotografica. E il rosso di quel Baedeker e il nero di quella macchinetta sono ormai come colori locali qui nella piazza, nei larghi, nei campielli.12

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13. Frari [San Giorgio]

L’acqua non era verde, non era d’argento e neppure incolore, fredda, fonda, mobile e immobile, e là in fondo il solito profilo dei Frari [San Giorgio] e certe desolate finestre su una parete scabra che sembravan davvero occhi intenti.13

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14. Chiesa di San Zaccaria

Mi disse: “Non hai mai visto il Bellini di S. Zaccaria?… Ahhh… è grave!…” e quel pomeriggio splendido mi ci condusse.

Io avevo visto questa chiesa una sera piovosa, ma di sfuggita prima di lasciare Venezia, e la sua immagine mi si era scolpita in cuore. […] Sul cielo chiaro, appena rosato come in tramonto spiccava un alberello verde minuziosamente dipinto, e a sinistra un ramo di fico.

La Vergine dal volto un po’ melanconico con la mano grande sfiora il piedino del bimbo dalla testolina bionda e gentile. Questi colori mi facevan pensare a grandi mazzi di fori autunnali, alle carni ambrate dal sole del litorale, alle acque fonde dei laghi e del mare, agli occhi ridenti delle belle creature. Lessi in un cartellino ai piedi del trono la data 1505. Tempi lontani, diversi.

E poi andammo in sagrestia a vedere i polittici dei Vivarini, e un quadro di Palma. Quanta pittura c’è a Venezia. A sinistra mi colpirono delle cornici dorate attorno alla porticina di un antiquario, c’era anche uno specchio sul quale si riverberavano i raggi del sole e un putto di legno colorato.

Appena entrati, i nostri occhi furono attratti dalla pala superba a sinistra. Il sole entrando da un finestrone lungo sul fianco della chiesa illuminava di una luce calda intensa la pala, i colori parevano accendersi in uno sfolgorio insolito.

Io stetti così un po’ a guardare e poi mi inginocchiai sul gradino di marmo.

Il Santo vescovo a destra tutto ravvolto nella porpora, reggeva fra le mani inguantate il librone. […] Non mi saziavo di guardarla. “Roda da morire”, mormoravo tra me. Era come un grido dell’anima ferita. Le parole sono così meschine davanti a certe cose.

Per quale misteriosa legge quella superficie di tavola colorata tanti anni prima, aveva una tale potenza sui miei sensi? E poi avrei voluto una gran quiete, un deserto d’attorno per godere quell’insieme armonioso di immagini dipinte, ma fuori m’attendeva Venezia coi suoi calli, con le sue case, con i suoi “interni tremendi”.14
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15. Rio di San Giuseppe

Un giorno che tornavo dall’Esposizione, a piedi, per i giardini, adocchiai una casettina di pietre rosse scrostate sul rio di S. Giuseppe. Da un muro di un orticello, sporgeva la frasca di un albero, lì davanti nel canale stretto c’era una barca davanti alla porta stretta. E la luce si rifletteva calma sul verde della frasca sul lucore dell’acqua. Oh poter avere questa casa e qui lavorare e amare. Avere qui una camera quadra né grande né piccola, col soffitto basso e la luce raccolta e qui (oh quanta fame!) cibarsi un po’ di bellezza, di gioventù, d’armonia.15

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16. Chiesa di San Salvador

Oh la bella chiesa! Ci entrai una sera che non ne potevo più per riposarmi un po’ su un banco nell’ombra e tenermi la testa fra le tempie. Il via vai delle strade strette del centro fra la luce delle vetrine, tutti quei visi mi avevan incitrullito.

Non sapevo dove rifugiarmi; io in certi momenti odio i caffè.

Prima mi ero inoltrato in un vicoletto scuro e mi ero fermato sopra un ponticello a guardare giù l’acqua nera fra le vecchie fondamenta, ma non potevo restar lì.

Mi venne in mente che avevo visto una porta che mi era parsa di un tempio evangelico. “Andrò là”, dissi fra me. Tornai sui miei passi, entrai.

In chiesa c’era a un altare un sacerdote con la cotta che parlava forte, ma io mi ritirai in fondo e mi sedetti su uno dei banchi vuoti vicino a un vecchio, un pensionato? Un cuore deluso. Stetti così con la fronte appoggiata a una palma. Alle pareti i grandi monumenti si intravedevano fra l’ombra. Su un altare un vecchio distribuiva candelieri: mi alzai.

“Che chiesa è questa?”

“San Salvatore…”

“Grazie.”

Tornai a sedermi. “Quante chiese anche a Venezia!”16

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17. Fondaco dei Tedeschi

Sul palazzo al Fondaco dei Tedeschi, un tempo frescato da Tiziano e Giorgione, son gentili merli di marmo bianchissimo, argenteo e squillante, tipico come quello nero e quasi funereo di altri edifici.

Sui merli son palle, di derivazione gotica e argiva. Su ogni palla, in mattini di aprile, posa immobile un gabbiano d’egual colore del marmo: illusione di scultura. Qualche gabbiano rivola, subito un altro ne prende il posto.17

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18. Chiesa di San Giovanni e Paolo

Vicino a S. Giovanni e Paolo c’è un ospedale monumentale. Ò ancora negli occhi una lunetta che è sopra la porta in un gran sole mattutino. Attorno a una figura arcaica di S. Marco, s’accalcano dei battuti con un sacco e cappuccio davanti, ce n’è uno nell’atto di baciare la mano del santo dal profilo marcato. Oh la dolce potenza di questo altorilievo!18

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19. Rio dei Mendicanti

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20. Chiesa di Santa Maria dei Miracoli

Ci comparve ad un tratto con il suo campanile, dolce visione, lì fra le case umili, la piazzetta davanti era deserta solata.19

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21. Chiesa dei Gesuiti

Vidi la facciata rizzarsi bianca di profilo con le sue statue e in fondo comparve una dolce striscia di azzurro intenso: la laguna, il mare e poi giù, come una gloria di nubi, le Alpi con le vette biancheggianti. Pazza serenità di luci e colori. Mi sembrò che mi mancasse il respiro in un attimo. Entrammo […]

Ci fermammo davanti alla pala scura col martirio di S. Lorenzo del Tiziano, dalle ocre calde, dalle terre d’ombra bituminose e ricresciute, emergevano certe figure con una loro prepotente vitalità. La sagrestia è tutta tappezzata di tele di Palma e della sua scuola. Quanta pittura vi è a Venezia!

La chiesa è come tappezzata di marmi bianchi con fiorami verdi uso damasco, e sui gradini dell’altar maggiore l’intarsio dei marmi simula un tappeto. Vaghezze settecentesche!20

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22. Casa degli spettri

[A Fondamente Nove] A destra si vedevano le case di Murano, a sinistra una casa rossastra si sporgeva come in acqua. Da un muricciolo sporgevano delle piante verdi. Leggiadra casa col suo tetto roggio e le vecchie imposte alle finestre.

“Quella è la casa degli spettri”, disse il mio amico. 21

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23. Chiesa di San Marcuola

In questa chiesa ero restato per lungo tempo a contemplare un quadrone del Tintoretto. Rappresenta “Gesù che lava i piedi agli Apostoli”.

“La commovente confusione!” A chi guarda questo quadro, pare di rivivere l’ore in cui fu dipinto, una luce pacata viene dal fondo dove si vede un tempio bianco con un timpano, e un obelisco come dopo cortili ariosi, là forse sono vecchi alberi e fontane. Qui nel camerone le varie figure dei vecchi ricchi intenti a denudersi i piedi. Uno è nell’atto di tirare i lunghi calzari di un altro seduto, come gambali di cacciatori.

Ombre misteriose paiono scendere dalle pareti. 22

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24. Palazzo Labia

Uscendo [dalla Chiesa di San Geremia] a destra, mi colpì un testone barbuto e accigliato di marmo, sull’arco di una porta. Ce ne sono molti a Venezia, ma questo è forse il più bello. Il marmo è annerito e quel colore quasi bronzeo serve ad accentuare il carattere di severità e di solidità plastica di queste sculture cinquecentesche.23

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25. Chiesa di San Rocco

Ricordo confusamente l’interno di un’altra chiesa, […] mi pare S. Rocco. […] Ricordo a destra dell’altar maggiore, un quadrone possente del Tintoretto, fra le altre figure stese in terra un giovane seminudo sorretto da un’altra figura barbuta. Le sue nudità emergono dal fondo tenebroso con una potenza mirabile di rilievo.24

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Pali

Non so perché spesso mi son trovato a pensare ai pali colorati davanti ai portoni dei tuoi palazzi, delle tue case, Venezia!

A spirali dai colori vivi: al sole, con il capo dorato, lambiti, corrosi dall’acqua nera, con barbe verdi di musco, capovolti in ghirigori diffusi in lei, madreperlati, centenari, magici pali certo voi custodite un po’ dell’anima della “città di madreperla”.25


Una notte sulla laguna

Il vaporetto sbuffando s’allontanava veloce dal Lido. Io ero seduto incontro al parapetto e guardavo estasiato la vista che mi si stendeva dinnanzi. L’onde scure della laguna, increspandosi di spuma intorno al vaporetto divenivano bianche, argentee.

Laggiù in fondo sorgeva l’isola dei Frari [San Giorgio] sul cui nero spiccano alcuni chiarori sparsi. Appaiono alcune barchette peschereccie cullate dalle onde placide, il vaporetto s’era discosto assai da l’isola del Lido e si vedevano le due sponde della laguna, illuminate sfarzosamente, l’una il centro di Venezia, l’altra la ridente isola del Lido.26


Note

Immagine di copertina: Filippo de Pisis, Il ponte di Rialto, 1947.

Dipinti di de Pisis (dall'alto): Piazzetta San Marco, 1945; Strada di Venezia (particolare), 1927; San Moise (particolare), 1930 ca.; Campo dell’Angelo Raffaele, 1947; Veduta di Venezia [San Barnaba], 1944; San Pantalone, 1944; Venezia [Sant’Agnese], 1945; San Marco, 1947; Rio dei Mendicanti, 1945 ca.

Fotografie: © Museo del Camminare, con l'eccezione della Pala del Bellini e di Gesù che lava i piedi agli Apostoli e San Rocco nell'ospedale del Tintoretto da Wikimedia Commons.

1. L.C., ‘Intervista a Filippo de Pisis’, L'Ora, 12 November 1944.

2. Naldini, Nico, De Pisis. Vita solitaria di un poeta pittore, Torino, Einaudi, 1991, p. 231.

3. L.C., ‘Intervista a Filippo de Pisis’.

4. De Pisis, Filippo, ‘Venezia, o la consolazione della pietra’, in Leiss, Ferruccio, Immagini di Venezia, Milano, Guarnati, 1953.

5. Naldini, Nico, De Pisis. Vita solitaria di un poeta pittore, p. 238.

6. De Pisis, Filippo, Ore Veneziane, Milano, Longanesi, 1974, pp. 170-1.

7. Filippo de Pisis, cit. in Naldini, Nico, De Pisis. Vita solitaria di un poeta pittore, p. 242.

8. Ibid., pp. 231-2.

9. De Pisis, Filippo, Ore Veneziane, p. 58.

10. Comisso, Giovanni, Mio sodalizio con de Pisis, Milano, Garzanti, 1954, p. 120.

11. De Pisis, Filippo, Ore Veneziane, p. 71.

12. Ibid., pp. 35-6.

13. Ibid., p. 36.

14. Ibid., pp. 46-7.

15. Ibid., p. 28.

16. Ibid., p. 54.

17. Ibid., p. 204.

18. Ibid., p. 50.

19. Ibid., p. 43.

20. Ibid., p. 44.

21. Ibid.

22. Ibid., p. 49.

23. Ibid.

24. Ibid., p. 52.

25. Ibid., p. 68.

26. Ibid., p. 97.



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