IL FRESCO

Lungofiumi e lungomari

Una delle più antiche passeggiate lungofiume è quella delle Cascine a Firenze. Quando intorno al 1616, Maria de’ Medici – figlia del Gran Duca di Toscana Francesco I de’ Medici e moglie del re di Francia Enrico IV – volle che fosse realizzata lungo la Senna a Parigi la passeggiata che sarebbe poi diventata nota come il Cours la Reine, il modello cui si ispirava era proprio il parco fiorentino che già esisteva lungo l’Arno.

Il viaggiatore inglese Moryson lo aveva descritto nel 1594 come ‘la più dolce passeggiata che abbia mai visto. Ha cinque file di alberi in larghezza, su ogni lato, e altrettanti tratti di prato verde tra quegli alberi, ma raggiunge molte miglia in lunghezza; e due canali collegati al fiume Arno scorrono uno per lato per tutta la sua lunghezza’.

Da allora le Cascine sono rimaste una passeggiata estiva mondana e molto frequentata. Il pittore americano Rembrandt Peale vi si recò nel luglio del 1829 e lo definí ‘il luogo di ristoro alla moda, soprattutto per gli equipaggi della nobiltà fiorentina e inglese’, precisando come la passeggiata fosse utilizzata sia da pedoni che da cavalieri’.

Firenze. Passeggiata delle Cascine. Viale della Regina,
cartolina, fine sec. 19.

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Prendere il fresco assunse un peculiare significato acquatico a Venezia, dove il termine locale ‘fresco’ designava, secondo un dizionario di metà ottocento, ‘l’Unione di molte gondole, battelli e barchette elegantemente addobbate che concorrono nel gran canale e vanno avanti e indietro, come fanno le carrozze in corso’. Alla fine del seicento l’ambasciatore francese a Venezia de Saint-Didier descrisse la vista impressionante di tre o quattrocento gondole che andavano avanti e indietro nel tratto di Canal Grande vicino alla chiesa di San Geremia, e lodò l’abilità dei gondolieri.

Il fresco si svolgeva anche il giorno dell’Ascensione, del Corpus Domini, per la festa del Redentore – quando incontra tuttora una certa popolarità – e in occasione di altri eventi religiosi e laici. In molti di questi casi, i freschi utilizzavano gli stessi percorsi acquatici utilizzati tradizionalmente dalle regate, riproponendo perciò la stessa relazione storica che esisteva tra le passeggiate sui corsi urbani e le corse dei cavalli.

Il Corso nobile da San Stae alla Croce, Gabriel Bella, 1779?,
Venezia, Fondazione Querini Stampalia.

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In alcuni casi straordinari e sorprendenti l’associazione tra passeggiata estiva e acqua era creata artificialmente.

È quello che accadeva a Siena nell’ottocento, dove Piazza del Campo era allagata utilizzando l’acqua della fontana Gaia per permettere una doppia passeggiata: su piccole barche al centro della piazza e in carrozza tutt’intorno ad essa.

Nel seicento a Roma furono introdotte fontane e giochi d’acqua in Piazza Navona, che a volte veniva parzialmente chiusa e riempita d’acqua per il piacere di chi partecipava alla passeggiata a piedi o in carrozza.

Piazza Navona allagata, Antonio Joli (1700-1777), coll. privata.

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Le città costiere italiane hanno tradizionalmente le loro passeggiate estive sul lungomare.

La Passeggiata della Marina a Palermo fu creata alla fine del settecento e andava da Porta San Felice al Giardino Botanico, noto come La Flora. Evento mondano fondamentale della stagione estiva urbana, fu descritto nel 1778 da Vivant Denon come una ‘passeggiata incantevole sul bordo del mare, ritrovo di tutta Palermo, dove si passeggia all’ombra e al fresco dopo sei ore dal mezzogiorno. Non si va mai a letto a Palermo senza aver fatto un giro alla Marina’.

Il 4 novembre 1824 a Trieste si inaugurò il lungomare di Sant’Andrea, tra il centro della città e la frazione limitrofa di Servola. Nel settecento Genova aveva la sua passeggiata estiva intorno alla alte mura che circondavano il porto, mentre nel secolo successivo la passeggiata estiva per coloro che possedevano carrozze si svolgeva ogni sera dal nuovo Molo all’Acquasola. La passeggiata ad Ancona era descritta come ‘piacevole’ già nel 1594 e nell’ottocento Coxe scrisse che ‘gli abitanti di Ancona amano la passeggiata, e li si vede generalmente in gruppi, alla sera, sul Molo’.

Il lungomare di Palermo, Illustrated Times, 1860.

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Anche nella Napoli del settecento e ottocento il Molo Grande era una passeggiata estiva alla moda che offriva sia agli abitanti, sia ai viaggiatori del grand tour l’opportunità di godersi l’aria fresca e una vivace atmosfera.

Dalla fine del settecento Napoli ebbe la passeggiata di Chiaia, che univa la piacevolezza del giardino pubblico di Villa Reale all’essere a fianco del mare. Con i suoi cinque viali, due dei quali all’ombra di pergolati di vite, e una grande fontana circolare, era illuminata a giorno un’ora dopo il tramonto e gioiosamente affollata per due mesi estivi all’anno.

Napoli. Villa Municipale già Nazionale e Riviera di Chiaja, Giacomo Brogi, cartolina, sec. 19.

Napoli dal porto, Antonio Joli, 1762-1777, coll. privata.

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Giardini

Fin dall’epoca classica, i giardini urbani hanno offerto un ritrovo estivo a chi partecipava alla passeggiata, soprattutto nelle città dell’interno.

Il giardino romano del Pincio-Villa Borghese era già una celebre passeggiata cittadina nel seicento ed è divenuto ancora più frequentato, sia in carrozza che a piedi, dopo la sua ristrutturazione all’inizio dell’ottocento. Occupa l’area in cui nel primo secolo avanti Cristo si trovava l’Horti Luculliani, un giardino privato tra i primi e più belli della città.

La tradizionale passeggiata nei giardini della Roma classica ebbe una prima grande riscoperta nel rinascimento, e una più tarda tra settecento e ottocento. I meravigliosi giardini del rinascimento conservarono il carattere sociale e culturale della passeggiata, che offriva la possibilità di interagire con altri cortigiani e essere visti da loro.

La passeggiata del Muro Torto (Pincio), Antonio Puccinelli, sec. 19, coll. privata.

Veduta di Roma con la passeggiata del Pincio, anonimo, sec. 19,
Bologna, Fondazione F. Zeri.

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Il giardino gioca un ruolo chiave nell’opera di Boccaccio come luogo in cui riunirsi per passeggiare e raccontare. Il Decamerone descrive, ad esempio, il bellissimo giardino sulle colline di Firenze con viali dritti e larghi che potevano essere percorsi anche sotto il sole estivo perché ombreggiati da pergolati di vite e cespugli di gelsomini e rose bianche.

Firenze nel rinascimento poteva vantare anche il giardino di Boboli, dietro Palazzo Pitti, dove il personaggio di un libro scritto nel cinquecento da Girolamo Borro, la regina Giovanna d’Austria, vi si reca con le sue dame ‘pigliando il fresco passeggiando’ e che per volere della regina Maria de’ Medici ispirò il Jardin du Luxembourg di Parigi.

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Nel Rinascimento, i giardini per le passeggiate estive erano comuni a molte altre città italiane.

Il seicentesco giardino padovano che apparteneva al nobile cavaliere Bonifacio Papafava, ad esempio, aveva: ‘un numero infinito di Alberi di Limone e Arancio, che formano piacevoli sentieri per i Passeggiatori’.

Nello stesso secolo Vicenza aveva il Campo Martio, creato su imitazione del giardino romano e dove ‘le Dame e i Gentiluomini vi si ritrovano nelle Sere d’estate per godere dell’Aria fresca, offerta dalle Colline circostanti’.

Ferrara aveva il bellissimo giardino che il Signore della città, Alberto V d’Este, aveva fatto realizzare vicino a Palazzo Belfiore nel 1391 e che da allora, nonostante i cambiamenti occorsi, è una delle passeggiate locali preferite, nota come Montagnola.

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Un’altra famosa Montagnola è il giardino pubblico creato a Bologna nel 1662 nell’area dove all’inizio del cinquecento sorgeva il Castello di Galliera. All’inizio del settecento la Montagnola svolgeva già il ruolo chiave di passeggiata cittadina, soprattutto d’estate, quando ‘le carrozze andavano e venivano fino a notte fonda: e allora tutte le carrozze si fermavano dov’erano, per poter prendere il fresco’.

Nella Genova ottocentesca, il termine della passeggiata urbana divenne il nuovo giardino di Acquasola, che Charles Dickens visitò in una domenica di mezz’estate del 1844 osservando come ‘le famiglie nobili della città cavalcano in tondo e in tondo e in tondo, almeno in abito e carrozza di gala, se non con assoluta padronanza’.

Veduta della Montagnola di Bologna, Pio Panfili, 1790
Bologna, Biblioteca dell'Archiginnasio.

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La Villa Reale di Napoli, nota anche come Villa Comunale, divenne il modello per i giardini pubblici che tra ottocento e prima metà del novecento si diffusero in quasi tutte le principali città e i maggiori paesi dell’Italia del sud e che da esso presero il nome.

Progettati in modo specifico come luoghi di passeggiata e incontri, questi giardini sono diventati un elemento urbanistico fondamentale e la concretizzazione dell’idea illuminista di spazio verde come spazio sociale e ambiente salubre, non più ad uso esclusivo delle classi elevate.

In Calabria la villa comunale ha profondamente marcato il modello urbanistico applicato nella ricostruzione successiva al terremoto del 1783 di città e paesi come Reggio, Mileto, Bagnara, Bianco, Palmi e molti altri; In Puglia, è stato un simbolo dello sviluppo urbano dell’ottocento; In Sicilia, ha beneficiato anche del modello tardo-ottocentesca del giardino pubblico della Flora a Palermo

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Bastioni e viali

Tra metà settecento e i primi decenni dell’ottocento, una relativa pace e stabilità insieme alla preoccupazione illuminista per il benessere delle persone e all’ambizione di Napoleone Bonaparte di affermarsi come ‘erede legittimo di Augusto e della Roma imperiale’ accelerarono il processo di modernizzazione in numerose città italiane e europee.

Gli interventi urbanistici negli spazi pubblici come l’apertura di nuovi viali o l’allargamento di alcuni già esistenti, nuove piazze, la demolizione delle mura di cinta cittadine e la creazione di nuove aree verdi creò vantaggiose opportunità per la diffusione e l’intensificazione della passeggiata.

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Durante il dominio asburgico nella seconda metà del settecento, Le mura di Milano persero la loro funzione difensiva e furono trasformate dall’architetto Piermarini in una ‘lunga e bellissima passeggiata’, ombreggiata da una doppia fila di ippocastani. Come conseguenza, la passeggiata cittadina si trasferì dal Corso di Porta Romana al tratto di viale tra Porta Nuova e Porta Orientale, l’attuale Porta Venezia.

La conversione ottocentesca delle mura urbane in passeggiata interessò molte altre città italiane, soprattutto del nord e del centro. Brescia creò la propria passeggiata sulle mura tra Porta San Nazaro e Porta Sant’Alessandro, e tra quest’ultima e Porta Torre Lunga, mentre già negli anni settanta del settecento le lunghe mura di Lucca erano alberate e così ampie che ‘in estate la Nobilità ci passeggia in carrozza’. Una simile riconversione a spazio verde la si può ancora apprezzare a Parma, sulle mura pentagonali della cinquecentesca Cittadella; a Treviso, sul lato settentrionale del centro storico; e a Piacenza, dove alcuni tratti ancora esistenti delle mura conservano ancora sulla loro sommità un giardino chiamato Facsal, dal Vauxhall Garden di Londra.

Veduta del Corso sui Bastioni di Porta Orientale in Milano, N. Milini, L. Rados, 1820 circa, Milano, Raccolta delle stampe "Achille Bertarelli".

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Lo sviluppo delle città italiane nel settecento e ottocento è stato generalmente caratterizzato dalla realizzazione di viali, subito trasformati in popolari passeggiate estive.

Tra il seicento e l’inizio dell’ottocento, chi partecipava alla passeggiata a Milano nei mesi estivi era solito ‘asolare’ – cioè prendere il fresco – in Via Marina, un viale col fondo in terra battuta che subì una profonda trasformazione con la creazione del giardino pubblico della città per opera dell’architetto Piermarini negli anni ottanta del settecento. Così, nella primavera del 1787, a ogni lato della strada fu piantata una serie di cinque file di alberi – tigli, olmi e ippocastani – e siepi di biancospino. Con questa nuova sistemazione, chiamata boschetti, Via Marina continuò a essere il corso per i borghesi a piedi e per la nobiltà in carrozza.

Altre due fondamentali passeggiate milanesi nell’ottocento si svolgevano lungo ampi viali: Corso Loreto (l’odierno Corso Buenos Aires), che era al centro di due viali di pioppi e ‘frequentatissimo dal popolo per il passeggio’; e un tratto fuoriporta di Corso di Porta Romana, ‘un bellissimo viale fittamente alberato, e lungo più di un miglio’ che ‘serve, le domeniche, da passeggiata per il “popolo” che vive in quel quartiere della città’

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Sia nel centro città, sia sul lungomare, le strade alberate con larghi marciapiedi sono stati un elemento a caratteristico della progettazione urbanistica delle città coloniali italiane nei primi tre decenni del novecento. Asse fondamentale lungo cui distribuire i principali edifici amministrativi e religiosi, questo tipo di viale fu specificamente concepito come passeggiata e luogo di incontro attorno al quale organizzare socialmente la popolazione locale assimilata e i coloni secondo il modello tradizionale della madrepatria.

Uno degli esempi più belli è Harnet Avenue, l'ex Viale Mussolini, ad Asmara, la principale strada urbana fiancheggiata da palme e caffè dove ancora negli anni novanta del novecento – prima della guerra con l’Etiopia e la crisi economica che ne seguì – era messa in scena la tradizione importata della passeggiata serale.

Nelle città coloniali di Eritrea, Etiopia, Libia, Somalia, Albania e Grecia la passeggiata diventò così un tale nodo fondamentale nella vita sociale e urbana della colonia che ancora oggi affermano l’eredità del dominio italiano più fortemente degli edifici stessi.